lunedì 29 dicembre 2008

pensierino per l'anno nuovo

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"Una domanda per Obama.
Ci invadete spontaneamente o dobbiamo proprio rifarlo tutto, il fascismo?"



da: www.spinoza.it
visitatelo. è un toccasana.

sabato 6 dicembre 2008

6 dicembre 2007, 6 dicembre 2008

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"dobbiamo già portare i nostri morti sulle nostre spalle,
per dover portare anche i padroni"
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sabato 29 novembre 2008

se li avete votati pensateci, prima di addormentarvi
















foto di luca mennon,
kossovo '08,
jackson


Appello promosso dalla Segreteria Provinciale FIMP di Modena ( Federazione Italiana Medici Pediatri ) per tentare di fermare la proposta della Lega Nord di abolire le cure primarie ed essenziali agli immigrati sprovvisti di permesso di soggiorno (forse il più TURPE dei provvedimenti che il governo sta prendendo).

PER FIRMARE, BASTA CLICCARE SULL'INDIRIZZO:
http://appelli.arcoiris.tv/salute

"Prima di tutto vennero a prendere gli zingari
e fui contento, perché rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei
e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali,
e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti,
ed io non dissi niente, perché non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me,
e non c'era rimasto nessuno a protestare"

Bertolt Brecht, Berlino 1932

domenica 23 novembre 2008

Le Déserteur, di Boris Vian

In piena facoltà
Egregio Presidente
Le scrivo la presente
Che spero leggerà

La cartolina qui
mi dice terra terra
di andare a far la guerra
quest'altro lunedì

Ma io non sono qui
Egregio Presidente
Per ammazzar la gente
Più o meno come me

Io non ce l'ho con Lei
- Sia detto per inciso -
Ma sento che ho deciso
e che diserterò

Ho avuto solo guai
Da quando sono nato
E i figli che ho allevato
Han pianto insieme a me

Mia mamma e mio papà
Ormai son sotto terra
E a loro della guerra
Non gliene fregherà

Quand'ero in prigionia
Qualcuno m'ha rubato
Mia moglie e il mio passato
La mia migliore età

Domani mi alzerò
E chiuderò la porta
Sulla stagione morta
E m'incamminerò

Vivrò di carità
Sulle strade di Spagna
Di Francia e di Bretagna
E a tutti griderò

Di non partire più
E di non obbedire
Per andare a morire
Per non importa chi

Per cui se servirà
Del sangue ad ogni costo
Andate a dare il vostro
Se vi divertirà

E dica pure ai suoi
Se vengono a cercarmi
Che possono spararmi
Io armi non ne ho

giovedì 20 novembre 2008

martedì 11 novembre 2008

Lingua è libertà

"Un populu
mittitilu a catina
spughiatilu
attuppatici a vucca
è ancora libiru.

Livatici u travagghiu
u passaportu
a tavula unnu mancia
u lettu unnu dormi,
è ancora riccu.

Un populu
diventa poviru e servu
quannu ci arrubbanu a lingua
addutata di patri:
è persu pi sempri.

Diventa poviru e servu
quannu i paroli non figghianu paroli
e si mancianu tra d’iddi...
" -Ignazio Buttitta

Un popolo/mettetelo in catene/spogliatelo/tappategli la bocca/è ancora libero.//Levategli il lavoro /il passaporto/la tavola dove mangia/il letto dove dorme,/è ancora ricco.//Un popolo/diventa povero e servo/quando gli rubano la lingua/ricevuta dai padri:/è perso per sempre./Diventa povero e servo/quando le parole non figliano parole/e si mangiano tra di loro.

mercoledì 5 novembre 2008

6 dicembre 2008

il 6 dicembre è l'anniversario della strage della ThyessenKrupp di torino
in cui morirono sette operai.

questo è l'appello per la manifestazione contro le morti sul lavoro che si terrà a torino il 6 dicembre, lanciato dalla rete nazionale bastamortisullavoro.


il teatro delle ceneri ha già dato la sua adesione















foto di luca mennon



6 dicembre 2008.

chiediamo adesione alla manifestazione, da poter pubblicare insieme a tutte le altre
chiediamo la partecipazione fisica alla manifestazione con rappresentanti e/o delegazioni

un grande corteo di denuncia lotta e proposta sui temi della sicurezza sui posti di lavoro

partirà il 6 dicembre dalla Thyssenkrupp di Torino alle 9 per attraversare i luoghi simboli della vicenda thyssen ma sopratutto per portare in piazza unitaria e di massa tutti i temi dello scontro
sulla sicurezza sui posti di lavoro con i padroni, il governo, lo stato , il sistema del capitale un corteo che fa propria la campagna per dante de angelis e la rilancia nazionalmente per portarla alla vittoria reale un corteo ch esi concluderà intorno alle 13 con una grande assemblea popolare
in cui prenderanno la parola
-operai e delegati rls di tante fabbriche e posti di lavoro dalla thyssen
all'ilva, da marghera a palermo dall'assemblea nazionale degli rls ai ferrovieri appartenenti a tutti i sindacati sia confederali che di base e di classe
-delegati colpiti dalla repressione padronale
-margherita calderazzi sotto accusa come mandante di una scritta "riva assassino"
-franca caliolo dell'ass. 12 giugno dei familiari delle vittime dell'ilva di taranto
-associazione esposti amianto da monfalcone
-esponenti di medicina democratica, giornalisti artisti impegnati comitati immigrati

un corteo proposto dalla rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro
un corteo di tutti in cui siamo tutti invitati e tutti promotori
un corteo in cui vogliamo tutti i partiti e i gruppi politici comunisti proletari progressisti con bandiere e simboli
perchè non c'è niente di più politico che la morte sul lavoro per i profitti dei padroni, le leggi dello stato capitalistico, le politiche dei governi di centro destra come di centro sinistra un corteo che rifiuti ogni settarismo, spirito di piccolo gruppo ed egemonismo e che conti e si faccia contare nei numeri reali perchè si tratta di energie vere e sincere in campo quotidianamente per la salute e la
sicurezza in fabbrica e sul territorio

un corteo che avente base di massa a torino, porti a torino con tutti i mezzi possibili il maggior numero di lavoratori e persone interessate che conti sugli aiuti e i contributi per il viaggio di
sindacati, partiti, enti locali che sostengono in qualsiasi forma e a qualsiasi livello l'iniziativa
un corteo che naturalmente farà un appello al movimento studentesco perché partecipi e lo sostenga, così come tutta la rete nei suoi organismi e nei suoi singoli partecipanti sostiene la giusta lotta degli studenti contro gli stessi nemici

la proposta della rete prevede anche uno sciopero a macchia di leopardo
dove si è presenti sulla sicurezza per il 12 dicembre porteremo in questo sciopero autonomamente nei contenuti e nelle forme la battaglia per la sicurezza sui posti di lavoro

facciamo del 6 dicembre una tappa importante di questa battaglia, che influenza e pesi nell'estensiona nazionale della lotta e nei rapporti di forza

rete nazionale per la sicurezza sui posti di lavoro
bastamortesullavoro@libero.it

da questa settimana uscirà una informazione in rete per documentare adesioni, idee e partecipazioni e per dare indicazione in ogni città e posto di lavoro a chi ci si può rivolgere

per chi non è iscritto a bastamortesullavoro@domeus.it
può inviare al riferimento tecnico immediato a
cobasta@fastwebnet.it
tel.3471102638

venerdì 31 ottobre 2008

Imparare la democrazia

Crediamo di fare un servizio civile pubblicando qui di seguito il Documento emesso dall'Assemblea dei Dottorandi del Dipartimento di Italianistica dell'Università di Bologna. E' un testo importante per chi voglia provare a capire se rimane - e cosa sia - un barlume di coscienza democratica, oggi, in Italia. Leggetelo e, se potete, fatene memoria.
(Grazie a Paola per averci trasmesso il verbale.)

BARONI RAMPANTI, RICERCATORI DIMEZZATI E DIRITTI INESISTENTI

I dottorandi del Dipartimento di Italianistica dell’Università di Bologna, riunitisi in assemblea il 28 ottobre 2008, hanno discusso e approvato il documento seguente:

Condividiamo le ragioni della mobilitazione in corso in tutta Italia contro la legge 133 che vede unito in un fronte comune l’intero universo della scuola, dagli studenti al corpo docente. Siamo consapevoli della necessità di una riforma organica del sistema universitario italiano, descritto in modo semplicistico e strumentale come un covo di “baroni” da chi sostiene le ragioni della legge 133, ma riteniamo che i tagli indiscriminati previsti dalla manovra economica, che tolgono risorse all’università da investire in altri settori considerati prioritari come Alitalia o il sistema bancario collassato sulle proprie logiche finanziarie, non apportino alcun miglioramento della situazione attuale, e siano rivolti, invece, al progressivo smantellamento della scuola pubblica, secondo una logica aziendalistica fortemente lesiva dei princìpi posti a fondamento di un’istruzione egualitaria, peraltro in aperta contraddizione con l’articolo 33 della Costituzione che riconosce «il diritto allo studio anche a coloro che sono privi di mezzi, purché capaci e meritevoli».

Di fronte allo stravolgimento e all’uso imprevisto delle formalità democratiche che questo governo sta applicando, vengono alla mente le riflessioni di Carlo Ginzburg sulle categorie di «vero, falso e finto» e quelle di Cesare De Michelis sulle «rassomiglianze strutturali» tra il «modello machiavellico-bonapartista» nato centoquaranta anni fa e il “regime” dell’attuale premier Berlusconi. Rassomiglianze quali il controllo dei media utilizzati per mostrare che la maggioranza garantisce la libertà di parola, nonostante gli attacchi ingiustificati siano tali da legittimare azioni repressive da parte del governo; e una “deriva plebiscitaria” per cui il premier può dichiarare che «Il mio scopo è di rappresentare il popolo. Depositario di tutti i poteri che esso mi ha delegato, solo io, in definitiva, ne sono il vero rappresentante».

In quale misura la forma di democrazia nella quale ci troviamo a vivere corrisponde oggi alle libertà dell’individuo e alle sue scelte?

Le parole profetiche di Piero Calamandrei sul «totalitarismo subdolo, indiretto, torpido, come certe polmoniti torpide che vengono senza febbre, ma che sono pericolosissime» rispondono da quel lontano 1950 in modo sconcertante alla nostra attualità: «Facciamo l'ipotesi, così astrattamente, che ci sia un partito al potere, un partito dominante, il quale però formalmente vuole rispettare la Costituzione, non la vuole violare in sostanza. Comincia a trascurare le scuole pubbliche, a screditarle, ad impoverirle. Lascia che si anemizzino e comincia a favorire le scuole private. Non tutte le scuole private. Le scuole del suo partito, di quel partito. Ed allora tutte le cure cominciano ad andare a queste scuole private. Cure di denaro e di privilegi. Si comincia persino a consigliare i ragazzi ad andare a queste scuole, perché in fondo sono migliori si dice di quelle di Stato. E magari […] si propone di dare dei premi a quei cittadini che saranno disposti a mandare i loro figlioli invece che alle scuole pubbliche alle scuole private. A “quelle” scuole private. Gli esami sono più facili, si studia meno e si riesce meglio. Così la scuola privata diventa una scuola privilegiata. Il partito dominante, non potendo trasformare apertamente le scuole di Stato in scuole di partito, manda in malora le scuole di Stato per dare la prevalenza alle sue scuole private. […] Attenzione, questa è la ricetta. Bisogna tener d'occhio i cuochi di questa bassa cucina. L'operazione si fa in tre modi: rovinare le scuole di Stato. Lasciare che vadano in malora. Impoverire i loro bilanci. Ignorare i loro bisogni. Attenuare la sorveglianza e il controllo sulle scuole private. Non controllarne la serietà. Lasciare che vi insegnino insegnanti che non hanno i titoli minimi per insegnare. Lasciare che gli esami siano burlette. Dare alle scuole private denaro pubblico. Questo è il punto. Dare alle scuole private denaro pubblico».

Crediamo che l’università pubblica sia un diritto di tutti e intendiamo difenderlo dagli attacchi di chi vorrebbe trasformarla in cosa privata, facendone campo d’intervento per fini estranei al progresso civile e culturale di una nazione. A tale scopo chiediamo:

- il ritiro della legge 133, e in particolare l’abrogazione dell’articolo 16 che prevede la possibilità di trasformare le università pubbliche in fondazioni di diritto privato, tramite semplice delibera del Senato accademico;
- la proclamazione per il 30 ottobre e il 14 novembre della sospensione di tutte le attività didattiche (lezioni frontali, seminari, esami, conferenze, ricevimento studenti, ecc.), per consentire la più ampia partecipazione possibile agli scioperi nazionali previsti nel corso della giornata;
- l’avvio di un dialogo con gli organi di rappresentanza del mondo universitario finalizzato a una vera politica di razionalizzazione delle spese e di riqualificazione dei singoli atenei, non discriminatoria dei poli decentrati, pena la creazione stessa di università di serie A e università di serie B;
- l’attivazione di controlli volti ad accertare e correggere eventuali malfunzionamenti del sistema nonché a valorizzare le professionalità e le competenze del personale universitario;
- garanzie concrete per la difesa del diritto allo studio, del valore legale del titolo di laurea e di Dottore di ricerca;
- interventi a tutela del personale precario dell’università, con sblocco dei turn over e dei pensionamenti, al fine di garantire il necessario ricambio della docenza.

Si richiede, infine, che il Consiglio di Dipartimento si impegni a coinvolgere la Facoltà di questo Ateneo in una discussione sul presente documento nelle sedi giudicate più opportune.



I Dottorandi del Dipartimento di Italianistica dell’Università di Bologna,
29 ottobre 2008

Quando si vive?

"...Egli sente soprattutto che questa continua aggressione del provvisorio e dell'istantaneo lo fa sempre vivere nell'inessenziale, nell'attesa che, dopo la vorticosa sequenza di assillanti inessenzialità, cominci la vita vera. In tal modo l'individuo si trova a vivere sempre e soltanto 'fra', 'intanto', davanti alla vita, prima della vita, come se la vita dovesse sempre incominciare e come se quello che sta succedendo - e cioè tutta l'esistenza - non fosse altro che qualcosa di preparatorio, di provvisorio e inessenziale, nell'attesa di qualche cosa che non viene." - Claudio Magris, 1984

mercoledì 29 ottobre 2008

Perché i poeti ci fanno paura

Trovo, in un articolo di Roberto Saviano apparso quest'anno su Repubblica, una citazione da "Beowulf" (poema epico anonimo in lingua anglosassone, della metà dell'VIII secolo) il cui contenuto sarebbe bene ricordare:

"Il nemico più scaltro non è colui che ti porta via tutto,
ma colui che lentamente ti abitua a non avere più nulla."

lunedì 13 ottobre 2008

sbattezzo


25 ottobre 2008, Giornata dello Sbattezzo


lo so che il verde non si abbina molto al celeste del nostro blog.
ma è una iniziativa molto interessante di cui volevo mettervi a conoscenza.

stefano

giovedì 2 ottobre 2008

taranto sta morendo di cancro



vi giriamo un appello dell' A.I.L. di taranto, città avvelenata e devastata dall'industria e dalla prepotenza militare dello stato italiano.

questo è il link dove leggerlo ed eventualmente firmarlo.

http://www.ail.taranto.it/ail_appello.php

domenica 10 agosto 2008

La società degli eterofobi: 'paure-scandalo' e paure 'normali'

Trovo su repubblica.it di oggi questo articolo di Ilvo Diamanti, che merita di essere letto e meditato. A voi. E buona domenica.

Siamo una società insicura, tanto abituata a sentirsi tale da non farci neppure caso. Insicura per default. Abbiamo molte paure che tracimano in un unico bacino, nel quale si deposita un sentimento inquieto. Una paura di fondo. Che ci accompagna dovunque. Non ci lascia mai soli. Anche se non ne siamo consapevoli. Eppure non tutte le paure sono uguali, hanno la stessa dignità, la stessa audience e la stessa evidenza mediatica. Il medesimo impatto politico. Quando si parla di "paura", per esempio, oggi pensiamo immediatamente all'incolumità personale. E quando pensiamo alla incolumità personale pensiamo immediatamente alla criminalità, comune ed eccezionale, che ci minaccia dovunque. Da vicino. Noi, i nostri cari, le nostre abitazioni. Ladri, aggressori, violentatori, rapinatori, pedofili. Perlopiù, stranieri, immigrati e zingari. Gli "altri" per definizione. Siamo eterofobi. Temiamo di essere insidiati, che i nostri figli e i nostri familiari vengano aggrediti. Dagli altri. Per questo gran parte degli italiani guarda con favore all'impiego sul territorio di esercito, polizia, ronde padane e democratiche. Tutto quanto renda "visibile" la sorveglianza sulla nostra incolumità. Sulla nostra sicurezza. A prescindere dall'efficacia che realmente sono in grado di garantire. Preoccupano di meno, invece, altri rischi che incombono sulla nostra vita. E sulla nostra morte. Gli infortuni sul lavoro. Gli incidenti che avvengono sulla strada. Per non parlare di quelli domestici. I quali avvengono, cioè, tra le mura delle nostre abitazioni. Eventi tragici che ricevono, perlopiù, evidenza minore sui media. Salvo che in situazioni molto particolari. L'esplosione alla ThyssenKrupp, che ha provocato la morte di 7 operai. Oppure l'incidente (auto) stradale in cui, qualche giorno fa, sono decedute 7 persone presso Treviso. O, ancora, quello di cui è stato vittima Andrea Pininfarina. Imprenditore di grande qualità manageriale (e, ancor prima, umana), alla guida di una grande azienda legata all'industria dell'auto.
Casi eccezionali, per le proporzioni dell'evento o per la specifica identità della vittima. Mentre, in generale, all'emozione del momento subentra, rapida, la rimozione. Un sentimento di sottile fastidio, non dichiarato e neppure ammesso. Quasi che quegli avvenimenti non ci coinvolgessero in modo diretto. Eppure, ogni giorno in Italia (dati Istat per ACI) si verificano oltre 600 incidenti che causano la morte di circa 15 persone e il ferimento di 800. Nel complesso, in media, ogni anno, sulle strade, decedono circa 5mila persone, mentre 300mila subiscono traumi e lesioni di diversa gravità. Quanto agli incidenti sul lavoro (fonte INAIL), provocano circa 1000 morti ogni anno. Nel 2008, fino ad oggi, oltre 400 persone sono morte di lavoro, mentre 11mila sono rimaste ferite o invalide. Come ha rammentato di recente il Censis, rispetto agli omicidi, i morti sul lavoro sono quasi il doppio e i decessi sulle strade otto volte di più. Tuttavia, il grado di visibilità offerto dai media è inverso rispetto alla misura di questi tipi di episodi. Non c'è paragone. Vuoi mettere i delitti di Cogne e Perugia? La tragica aggressione avvenuta nel quartiere romano della Storta? Fa eccezione la saga delle "morti del sabato sera". Un serial che si ripete, perché evoca altri scenari, più attraenti. La gioventù bruciata dai rave tossici consumati nelle discoteche o in altri luoghi di perdizione. Ma, per il resto, è un basso continuo. Da cui si stacca qualche onda episodica, destinata a venire riassorbita da un solido senso di abitudine. Il fatto è che le morti sul lavoro e, ancor più, sulle strade incombono su di noi. Sui nostri familiari. Perché i luoghi di lavoro ma, soprattutto, le strade, in Italia, sono fra gli ambienti più insicuri d'Europa. Lavorare è pericoloso. Da noi più che altrove. Per diverse ragioni, per diverse cause. Per colpa dei contesti. Le aziende, i luoghi di lavoro, dove il rispetto delle regole e delle condizioni di sicurezza è spesso disatteso. E gli stessi lavoratori, talora, le disattendono. Perché costretti. Ma anche per abitudine e imprudenza routinaria. (Molte vittime, peraltro, sono lavoratori autonomi). Circolare è altrettanto - forse più - pericoloso. Di nuovo: per lo stato della nostra rete viaria. E per la generale e generalizzata tendenza a bypassare le regole. D'altronde, chi si sentirebbe "colpevole", peggio, un criminale per aver parcheggiato in doppia fila o per aver attraversato col rosso? Colpa dello Stato. Lo stesso che ci costringe a "evadere" le tasse. Per legittima difesa. Non fanno paura, i luoghi di lavoro, agli italiani, quanto le proprie case. Dove temono di venire aggrediti e derubati dagli "altri". (Ma la maggior parte delle aggressioni e delle violenze avvengono per mano di familiari e vicini di casa). Egualmente per quel che riguarda le strade: sono più preoccupati quando le attraversano da soli, a piedi, magari a tarda ora, piuttosto che in auto o in moto. A grande velocità. E' probabile che questo orientamento rifletta una consolidata definizione dei fattori di rischio. Morire per il lavoro lascia, ogni volta, un vuoto incolmabile. Però, in fondo, è "socialmente" sopportato. Nonostante la reazione costante di molte autorevoli voci (per prima quella del Presidente della Repubblica). Perché il lavoro è necessità, ma anche virtù e valore. Mezzo per vivere e ragione di vita. Per questo, morire sul lavoro, è doloroso. Un abisso. Ma ha "senso". Come un male incurabile. Morire o ammazzare altre persone sulle strade. Ha meno "senso". Però è accettato. Non quando ci tocca di persona, ovviamente. Ma quando ne sentiamo gli echi sui media. Ce ne facciamo una ragione. Perché viaggiare in auto o in moto comporta rischi calcolati. Accentuati dalla diffusa e regolare "irregolarità". Quelli che viaggiano senza cinture, quelli che telefonano alla guida, quelli che se ne sbattono dei limiti di velocità, quelli che fanno zig-zag su strade e autostrade, per superare chi sta di fronte. Non sono considerati "criminali". Ciò che fanno non è ritenuto un atto "criminoso". Nessuno, di conseguenza, invoca le camicie verdi a presidiare i luoghi di lavoro, per assicurare il rispetto delle norme di sicurezza. Per controllare e denunciare imprenditori o lavoratori "non in regola". E nessuno invoca l'intervento dell'esercito sulle strade a scoraggiare comportamenti criminosi (che, d'altronde, non sono considerati tali). Morire sul lavoro o sulle strade non fa spettacolo e non sposta voti. Non favorisce il governo né l'opposizione. Né la destra né la sinistra. Perché al centro di questi reati, di queste trasgressioni non sono gli altri. Siamo noi, i nostri valori, le nostre abitudini, i nostri stili di vita. Per cui, facciamoci coraggio: nei cantieri e sulle strade vi saranno ancora vittime. Troppe. Accompagnate da molto dolore, un po' di rabbia e tanta rassegnazione.

martedì 5 agosto 2008

Il ministro Scajola li chiama 'costi fisiologici' del progresso

L'Italia è di gran lunga il Paese europeo dove si muore di più sul lavoro, quasi il doppio della Francia, il 30% in più rispetto a Germania e Spagna. Si muore di più sul lavoro o sulle strade che non ammazzati da un colpo di pistola o da una coltellata. Le vittime sul lavoro sono quasi il doppio degli assassinati e i decessi in incidenti stradali otto volte più degli omicidi. A lanciare l'allarme è il Censis, Centro studi investimenti sociali. "Tuttavia, gran parte dell'attenzione pubblica si concentra sui fenomeni di criminalità". Se negli ultimi 11 anni gli omicidi sono diminuiti di un terzo (da 1.042 casi nel 1995 a 663 nel 2006), nei cantieri e sui posti di lavoro l'anno scorso sono morti 1.170 operai di cui quasi la metà in infortuni "stradali", nel tragitto casa-lavoro o travolti mentre lavoravano in strada. Se si escludono i cosiddetti infortuni "in itinere" o comunque avvenuti in strada, non rilevati in modo omogeneo da tutti i Paesi europei, si contano 918 casi in Italia, 678 in Germania, 662 in Spagna, 593 in Francia (in questo caso il confronto è riferito al 2005). Confrontando gli omicidi con i morti per incidenti stradali, il Censis ha calcolato che i decessi in incidenti automobilistici sono otto volte gli omicidi. Nel 2006, in Italia sono stati 5.669, più che in Paesi anche più popolosi del nostro: Regno Unito (3.297), Francia (4.709) e Germania (5.091). Tuttavia, "gran parte dell'impegno politico degli ultimi mesi è stato assorbito dall'obiettivo di garantire la sicurezza dei cittadini", ha detto Giuseppe Roma, direttore generale del Censis. "Risalta in maniera evidente - ha proseguito Roma - la sfasatura tra pericoli reali e interventi concreti per fronteggiarli. Il luogo di lavoro e la strada mancano ancora di presidi efficaci per garantire la piena sicurezza dei cittadini, e spesso si pensa che perdere la vita in un incidente stradale sia una fatalità. I dati degli altri Paesi europei dimostrano che non è così".
(fonte: www.repubblica.it - 5 agosto 2008)

Promemoria per attori/2: dell'esser nudi

"Senza saper dire di preciso cosa sia il teatro, so quel che gli nego di essere: la descrizione di gesti quotidiani visti dall'esterno: io vado a teatro per vedermi sul palcoscenico... quale non saprei - o non oserei - vedermi o immaginarmi, e tuttavia quale so di essere. La funzione dei commedianti è perciò quella di accollarsi gesti e panni tali da permetter loro di mostrarmi a me stesso, e di mostrarmi nudo, nella solitudine e nell'allegrezza."
- Jean Genet

venerdì 1 agosto 2008

Pietas. Per Eluana Englaro e tutti gli altri

La parola Eutanasia deriva dal greco, etimologicamente significa: buona morte.Vale a dire una morte pietosa e dignitosa, che risparmi al malato sofferenze insensate e cure inutili, tormentose e degradanti.Documentandomi su questo tema così arduo e urgente, su cui è non solo auspicabile, bensì necessario, prendere posizione (poiché in questo consiste essenzialmente l'essere uomini), mi sono imbattuto in un brano del filosofo inglese del Rinascimento Francis Bacon: lo trascrivo, perché mi pare inquadri perfettamente (benché sia stato scritto 403 anni fa) il nocciolo del problema, dal punto di vista (poco rispettato, anzi: oggetto di una vera e propria discriminazione ideologica, e non solo da parte dalle istituzioni ecclesiastiche) di chi convive con la concreta, tragica realtà di un dolore da cui non può guarire, e pertanto chiede di essere aiutato a lasciare una vita che non giudica sopportabile, rivendicando - con giusta ragione - l'inalienabile diritto di ogni uomo ad autodeterminarsi; ovverosia a decidere liberamente e arbitrariamente della propria vita - e, dunque, pure della sua conclusione.

"...Dirò inoltre, insistendo su questo argomento, che compito del medico non è solo quello di ristabilire la salute, ma anche di calmare i dolori e le sofferenze legate alle malattie; e questo non solo perché l'alleviamento del dolore... contribuisce alla guarigione e conduce alla convalescenza, ma inoltre per poter procurare al malato, quando non c'è più speranza, una morte dolce e tranquilla; questa eutanasia è una parte non trascurabile della felicità... Se [i medici] fossero zelanti nell'adempiere il proprio dovere... non risparmierebbero nessuna cura per aiutare gli agonizzanti ad uscire da questo mondo con maggiore dolcezza e facilità. Ora questa la qualifichiamo eutanasia esteriore, che distinguiamo da quell’altra eutanasia che si riferisce alla preparazione dell’anima e che poniamo fra le nostre raccomandazioni.” - Francis Bacon, 1605

mercoledì 30 luglio 2008

Promemoria per attori/1: la voce

"...Fare con la propria voce un buco in una parete, rovesciare una sedia, spegnere una candela: usare la voce come accetta, mano, martello, forbice..." - Jerzy Grotowski

sabato 26 luglio 2008

Maledetti professori

di Ilvo Diamanti
(fonte: repubblica.it - 25 luglio 2008)

IL "PROFESSORE", ormai, primeggia solo fra le professioni in declino. Che insegni alle medie o alle superiori ma anche all'università: non importa. La sua reputazione non è più quella di un tempo. Anzitutto nel suo ambiente. Nella scuola, nella stessa classe in cui insegna. Gli studenti guardano i professori senza deferenza particolare. E senza timore. In fondo, hanno stipendi da operai specializzati (ma forse nemmeno) e un'immagine sociale senza luce. Non possono essere presi a "modello" dai giovani, nel progettare la carriera futura. Molti genitori hanno redditi e posizione professionale superiori. E poi, la cultura e la conoscenza, oggi, non vanno di moda. E' almeno da vent'anni che tira un'aria sfavorevole per le professioni intellettuali. Guardate con sospetto e sufficienza. Siamo nell'era del "mito imprenditore" . Dell'uomo di successo che si è fatto da sé. Piccolo ma bello. E ricco. Il lavoratore autonomo, l'artigiano e il commerciante. L'immobiliarista. E' "l'Italia che produce". Ha conquistato il benessere, anzi: qualcosa di più. Studiando poco. O meglio: senza bisogno di studiare troppo. In qualche caso, sfruttando conoscenze e competenze che la scuola non dà. Si pensi a quanti, giovanissimi, prima ancora di concludere gli studi, hanno intrapreso una carriera di successo nel campo della comunicazione e delle nuove tecnologie. Competenze apprese "fuori" da scuola. Così i professori sono scivolati lungo la scala della mobilità sociale. Ai margini del mercato del lavoro. Figure laterali di un sistema - la scuola pubblica - divenuto, a sua volta, laterale. Poco rispettati dagli studenti, ma anche dai genitori. I quali li criticano perché non sanno trasmettere certezze e autorità; perché non premiano il merito. Presumendo che i loro figli siano sempre meritevoli. Si pensi all'invettiva contro i "professori meridionali" lanciata da Bossi nei giorni scorsi. Con gli occhi rivolti - anche se non unicamente - alla commissione che ha bocciato "suo figlio" agli esami di maturità. Naturalmente in base a un pregiudizio anti-padano. I più critici e insofferenti nei confronti dei professori sono, peraltro, i genitori che di professione fanno i professori. Pronti a criticare i metodi e la competenza dei loro colleghi, quando si permettono di giudicare negativamente i propri figli. Allora non ci vedono più. Perché loro la scuola e la materia la conoscono. Altro che i professori dei loro figli. Che studino di più, che si preparino meglio. (I professori, naturalmente, non i loro figli). Va detto che i professori hanno contribuito ad alimentare questo clima. Attraverso i loro sindacati, che hanno ostacolato provvedimenti e riforme volti a promuovere percorsi di verifica e valutazione. A premiare i più presenti, i più attivi, i più aggiornati, i più qualificati. Così è sopravvissuto questo sistema, che penalizza - e scoraggia - i docenti preparati, motivati, capaci, appassionati. Peraltro, molti, moltissimi. La maggioranza. In tanti hanno preferito, piuttosto, investire in altre attività professionali, per integrare il reddito. O per ottenere le soddisfazioni che l'insegnamento, ridotto a routine, non è più in grado di offrire. Sono (siamo) diventati una categoria triste. Negli ultimi tempi, tuttavia, il declino dei professori è divenuto più rapido. Non solo per inerzia, ma per "progetto" - dichiarato, senza infingimenti e senza giri di parole. Basta valutare le risorse destinate alla scuola e ai docenti dalle finanziarie. Basta ascoltare gli echi dei programmi di governo. Che prevedono riduzioni consistenti (di personale, ma anche di reddito): alle medie, alle superiori, all'università. Meno insegnanti, quindi. Mentre i fondi pubblici destinati alla ricerca e all'insegnamento calano di continuo. Dovrebbe subentrare il privato. Che, però, in generale se ne guarda bene. Ad eccezione delle Fondazioni bancarie. Che tanto private non sono. D'altra parte, chissenefrega. I professori, come tutti gli statali, sono una banda di fannulloni. O almeno: una categoria da tenere sotto controllo, perché spesso disamorati e impreparati. Maledetti professori. Soprattutto del Sud. Soprattutto della scuola pubblica. E - si sa - gran parte dei professori sono statali e meridionali. Maledetti professori. Responsabili di questa generazione senza qualità e senza cultura. Senza valori. Senza regole. Senza disciplina. Mentre i genitori, le famiglie, i predicatori, i media, gli imprenditori. Loro sì che il buon esempio lo danno quotidianamente. Partecipi e protagonisti di questa società (in)civile. Ordinata, integrata, ispirata da buoni principi e tolleranza reciproca. Per non parlare del ceto politico. Pronto a supplire alle inadempienze e ai limiti della scuola. Guardate la nuova ministra: appena arrivata, ha già deciso di attribuire un ruolo determinante al voto in condotta. Con successo di pubblico e di critica. Maledetti professori. Pretendono di insegnare in una società dove nessuno - o quasi - ritiene di aver qualcosa da imparare. Pretendono di educare in una società dove ogni categoria, ogni gruppo, ogni cellula, ogni molecola ritiene di avere il monopolio dei diritti e dei valori. Pretendono di trasmettere cultura in una società dove più della cultura conta il culturismo. Più delle conoscenze: i muscoli. Più dell'informazione critica: le veline. Una società in cui conti - anzi: esisti - solo se vai in tivù. Dove puoi dire la tua, diventare "opinionista" anche (soprattutto?) se non sai nulla. Se sei una "pupa ignorante", un tronista o un "amico" palestrato, che legge solo i titoli della stampa gossip. Una società dove nessuno ritiene di aver qualcosa da imparare. E non sopporta chi pretende - per professione - di aver qualcosa da insegnare agli altri. Dunque, una società senza "studenti". Perché dovrebbe aver bisogno di docenti? Maledetti professori. Non servono più a nulla. Meglio abolirli per legge. E mandarli, finalmente, a lavorare.

sabato 5 luglio 2008

Contraddire il presente

"Appartiene veramente al suo tempo, è veramente contemporaneo colui che non coincide perfettamente con esso né si adegua alle sue pretese, ed è perciò inattuale; ma, proprio attraverso questo scarto, questa sconnessione e questo anacronismo rispetto al presente, egli è capace più degli altri di percepire e afferrare il suo tempo.
Questa non-coincidenza, questa discronia, non significa, naturalmente, che contemporaneo sia colui che vive in un altro tempo, un nostalgico... Un uomo intelligente può odiare il suo tempo, ma sa in ogni caso di appartenergli irrevocabilmente, di non poter sfuggire alla sua epoca.
La contemporaneità è una singolare relazione con il prorio tempo, che aderisce ad esso e insieme ne prende le distanze: più precisamente: essa è
quella relazione che aderisce ad esso attraverso una sfasatura e un anacronismo." - Giorgio Agamben

sabato 7 giugno 2008

Dialettica negativa

"Agire come Bartleby lo scrivano. Avere sempre una preferenza per il no. Non rispondere a inchieste, rifiutare interviste, non firmare manifesti, perché tutto viene utilizzato contro di te, in una società che è chiaramente contro la libertà dell'individuo e favorisce però il malgoverno, la malavita, la mafia, la camorra, la partitocrazia, che ostacola la ricerca scientifica, la cultura, una sana vita universitaria, dominata dalla Burocrazia, dalla polizia, dalla ricerca della menzogna, dalla tribù, dagli stregoni della tribù, dagli arruffoni, dai meridionali scalatori, dai settentrionali discesisti, dai centrali centripeti, dalla Chiesa, dai servi, dai miserabili, dagli avidi di potere a qualsiasi livello, dai convertiti, dagli invertiti, dai reduci, dai mutilati, dagli elettrici, dai gasisti, dagli studenti bocciati, dai pornografi, dai poligrafi, truffatori, mistificatori, autori ed editori.
Avere come preferenza assoluta il rifiuto, ma senza specificare la ragione del tuo rifiuto, perché anche questa verrebbe distorta, annessa, utilizzata. Rispondere: “I would prefer not to”. Non cedere alle lusinghe della televisione. Non farti crescere i capelli, perché questo segno esterno ti classifica e la tua azione può essere neutralizzata in base a questo segno. Non cantare, perché le tue canzoni piacciono e vengono annesse. Non preferire l'amore alla guerra, perché anche l'amore è un invito alla lotta.
Avere preferenza per il no. Non adunarti con quelli che la pensano come te, migliaia di preferenze negative isolate sono più efficaci di milioni di preferenze negative in gruppo. Ogni gruppo può essere colpito, annesso, utilizzato, strumentalizzato. Alle urne metti la tua scheda bianca sulla quale avrai scritto: “I would prefer not to”. Sarà il modo segreto di sentirti definitivamente sereno; e forse quelli del 'sì' cominceranno a chiedersi che cosa non viene apprezzato nel loro ottimismo.
"- Ennio Flaiano

mercoledì 21 maggio 2008

Ogni riferimento a persone o fatti reali non è affatto casuale

"Nella vita di ogni popolo democratico c'è un passaggio assai pericoloso, quando il gusto per il benessere materiale si sviluppa più rapidamente dell'abitudine alla libertà. Arriva un momento in cui gli uomini non riescono più a cogliere lo stretto legame che unisce la prosperità di ciascuno alla prosperità collettiva. Una nazione che chieda al suo governo il solo mantenimento dell'ordine è già schiava in fondo al cuore, e da un momento all'altro può presentarsi l'uomo destinato ad asservirla. Non è raro vedere pochi uomini che parlano in nome di una folla assente o distratta e agiscono in mezzo all'universale immobilità, cambiando le leggi e tiranneggiando a loro piacimento sui costumi."
- Alexis de Tocqueville

giovedì 8 maggio 2008

Pensiero peregrino

"Non si può continuare a prostituire l'idea del teatro, poiché il suo valore risiede esclusivamente in un rapporto magico e atroce con la realtà e con il pericolo."
-Antonin Artaud

giovedì 1 maggio 2008

Primo Maggio, nonostante tutto

"Chi non sta dalla parte della classe lavoratrice diventa un opportunista, uno che fa la vita politica di routine, uno che cerca di risolvere i suoi affari e basta. Non sentirà mai il polso vero del Paese. Chi lo sente, gli imprenditori? Ma per certi imprenditori la patria è il denaro. Se l'hanno portato in Svizzera, è là che sentono la loro patria". - Sandro Pertini, 1974

A tutti i lavoratori: a quelli che sono morti; a quelli che non moriranno. A chi resiste e conserva la propria lucidità e dignità, nonostante tutto.
Grazie.

Ps: il Primo maggio è una data particolarmente importante per il Teatro delle Ceneri: il nostro primo allestimento ha debuttato proprio oggi, tre anni fa. Ringraziamo tutti i nostri collaboratori, sostenitori e amici! Buona giornata!

domenica 13 aprile 2008

date in sicilia

dopo la tre giorni romana (a breve notizie sugli artisti in lotta) ecco tre date in sicilia.


18 aprile, palermo, tappa della carovana "basta morti sul lavoro"
Teatro Valdere - via spezio 43 - (dietro Tatro Politeama)

19 aprile, catania, tappa della carovana "basta morti sul lavoro"
CPO Experia - via plebiscito 782

20 aprile, catania, RINGAPERTO

Teatroclub Nando Greco
piazza san placido 10 catania
095.312146
www.teatroclub.it

giovedì 3 aprile 2008

date di aprile "ballata per una morte bianca"

10 aprile, roma (vedi post precedente)

18 aprile, palermo, tappa della carovana "basta morti sul lavoro"
19 aprile, catania, tappa della carovana "basta morti sul lavoro"
20 aprile, catania, teatro nando greco

22 aprile, brindisi
23 aprile, molfetta (BA)
24 aprile, rionero in vulture (PZ)

27 aprile, porto d'ascoli (AP), festa del primo maggio del quartiere agraria
1 maggio, motta visconti (MI)

al più presto indicazioni più precise.

giovedì 27 marzo 2008

io sto con volonté




Nella ricorrenza di quello che sarebbe stato il 75° compleanno di Gian Maria Volonté, si darà vita a tre giornate di teatro per ricordare lo spirito artistico di quello che oltre ad essere stato uno tra i più grandi attori mondiali ha sempre messo la sua arte al servizio del popolo.

Volonté rifiutò numerosi lavori superpagati per dedicarsi al teatro di strada, a documentari autoprodotti dai contenuti “scomodi”(come documentario sull’anarchico Pinelli), per poi tornare al grande cinema solo quando riteneva il film a favore della vita, contro le ingiustizie che il sistema borghese infligge ai più deboli, agli indifesi.

Il suo credo artistico il rispetto che portava a questo mestiere lo ha reso un esempio di coerenza e di lotta anche nell’attività politica.

Volonté creò un manifesto di artisti che lottavano per la dignità sempre più sommersa del valore della figura dell’attore.

Non aveva mai paura di sfidare e provocare tinteggiando di verità assoluta interpretazioni che non smussavano le mostruosità sociali di un certo tipo di sistema, ma erano vivificate attraverso i suoi personaggi con un realismo impressionante.

In questo momento l’Italia è quasi totalmentane priva di spazi per la creazione di una cultura alternativa, la possibilità di lavorare è quasi totalmente riservata ad appartenenti a “caste” esclusive e chiuse a qualsiasi forma di comunicazione , appare indispensabile, aprire un dibattito su questo momento storico, magari prendendo esempio dall’insegnamento che Volontè ha lasciato, e perché non venga perso quel cammino s’invitano: attori, compagnie, produttori indipendenti, artisti di vario genere, e tutti coloro che sentono di voler partecipare al dibattito che si terrà in apertura delle tre serate di teatro che seguiranno.


9 Aprile

* ore 18.00 – Documentari e immagini su Gian Maria Volonté
* ore 19.00 – “Ciro il Piccolo” film-documentario di Wilma Labate
* ore 19.30 - dibattito “attori, un mestiere che deve riconquistare spazi e dignità”
* ore 21.00 - spettacolo teatrale “se questo è un operaio” di e con AttriceContro
* ore 22.00 - concerto “Canzoniere della memoria”

10 Aprile

* ore 18.00 – Gian Maria Volonté un attore del popolo immagini e reperti storici
* ore 19.00 - dibattitola rai,le fiction,i casting,la distribuzione cinematografica,finanziamenti
* ore 21.00 - spettacolo teatrale: “Ballata per una morte bianca” di e con Stefano Seproni

11 Aprile

* ore 18.00 - documentario “Tre ipotesi sulla morte dell’anarchico Pinelli”
* ore 19.00 – dibattito: creare un movimento di artisti popolari impegnati nella costruzione di un tessuto nuovo per conquistare nuova dignità e opportunità:è possibile unendo le forze?
* ore22.00 - spettacolo teatrale tratto dal libro “gli occhi di Piero, storia di Piero Bruno un ragazzo degli anni ‘70” di M. Coccia e F. Giannini

martedì 15 gennaio 2008

il primo spettacolo del 2008

il diciassette gennaio saremo a bari, cittadella della cultura, con "progetto euridice". venite a trovarci.