sabato 14 marzo 2009

LILITH NON HA AVUTO PAURA, 22 marzo


Ci incontriamo il 22 marzo al Teatro due Mondi, via G. Oberdan 7/A, a Faenza (RA), una giornata insieme per capire come e dove nasce la violenza e per celebrare e commemorare tutte le donne vittime di abusi e sevizie, delle guerre e del patriarcato.

Programma della giornata:

Ore 17,00
Incontro con Michela Zucca, antropologa e autrice del libro
"Donne Delinquenti", con lei parleremo di femminicidio e della cultura della violenza in genere, per cercare di capirne le radici ed i metodi per combatterla.

Ore 19,30
La compagnia Die lou maschine, (che fa capo alla libera forma associativa "Maria/Libero Dal Fosco"), si esibirà nello spettacolo
"Fiumi Prosciugati" ...Srebrenica 27 giugno -15 luglio 1995....
Da un idea di Giulio Serafini e Luisa Pietri.
Regia scene coreografia Luisa Pietri.
In Ricordo dei Giorni di Srebrenica...Rappresentazione teatrale di danza in cinque atti; Esprime la drammatica figura della donna all interno di uno dei tanti scenari di guerra e dei suoi conflitti, vittima, delle sue violenze e schiava dei suoi soprusi dettati dalla ferocia dell uomo e dal suo bisogno di controllo. Donne e insieme madri vittime dei lager, donne ed insieme mogli che subisco il peso di determinate condizioni psicologiche per impotenza o incapacità....analizzando in particolare la delicata fragilità dell equilibrio femminile in un certo modo violato alterato dalla costante tensione che crea la paura.
Lo spettacolo dura 50 minuti è una variazione coreografica neo
contemporanea liberamente creata ed ideata sul dramma in pantomimica ed espressa in musica.

Ore 21,00 Concerto di Paola Sabbatani e Roberto Bartoli




"L'accettazione del femminicidio parte da un contesto culturale che autorizza il maschio a considerare di sua proprietà la femmina nel momento in cui ha consumato un rapporto sessuale con lei ("possedere").
Tanto è vero che in 7 omicidi su 10, la vittima è una donna; in 8 casi su 10, l'omicida è un uomo. Ma il peggio è che la maggior parte dei femminicidi avvengono in famiglia, e l'assassino di solito è il partner, o l'ex partner che rifiuta di essere lasciato. "


(Michela Zucca, "Ammazzare le donne: il contesto antropologico e la cultura della violenza di genere")


"Odgovornost: è questa la parola che le donne sopravvissute, fuggite e salvate dal massacro scrivono su manifesti e gridano a gran voce tutti i mesi da anni a Tuzla. Odgovornost significa giustizia, perché quello che è successo, le stragi, i soprusi, le violenze subite dalle donne ha bisogno di chiarezza. A 12 anni da quel terribile luglio del '95, ancora non si sa con esattezza il nome, il numero preciso delle vittime coinvolte e soprattutto che cosa è successo realmente in quelle zone in quei terribili 3 anni."

(Donne di Srebrenica)


Le donne sono vittime di violenza, ma non è un destino naturale. Sebbene storici reazionari, preti vescovi e il clero tutto, e quindi "pensatori" e filosofi opinionisti cattofascisti e cattocomunisti, abbiano cercato per anni, anzi per secoli, di creare il mito della donna "debole per sua stessa natura", quindi "inferiore" e destinata ad essere vittima da proteggere, oggi sappiamo che non è così. Sappiamo che le società matriarcali sono esistite, sappiamo che amazzoni e donne guerriero hanno saputo opporsi e contrastare milizie organizzate e orde barbariche, anche con il sacrificio della propria vita. Così come, in tempi più recenti, coraggiose partigiane hanno combattuto al fianco degli uomini per distruggere il fascismo e difendere la libertà.

Sappiamo che l'autodeterminazione è un diritto da difendere e che non esistono ruoli ritagliati sul "genere", e che quindi una donna vittima di violenza è vittima due volte, della violneza in sé in primo luogo e dei luoghi comuni che la rendono una "predestinata al martirio", in secondo luogo.

Gli organi di informazione per anni hanno accennato solo vagamente ai molteplici ed innumerevoli episodi di violenza che avevano per protagoniste le donne, in primis per quanto riguarda gli stupri, poi per quanto riguardava la violenza domestica in genere, riservando l'onore delle cronache solo ai fatti più eclatanti. Al contrario negli ultimi tempi radio, giornali, telegiornali, programmi di informazione politica, ecc dedicano ampio spazio al "problema sicurezza", e non passa giorno in cui non ci venga raccontato un femminicidio, uno stupro, un'aggressione, ecc.. Casualmente i protagonisti di queste vicende, i carnefici, sono nel 90% dei casi di origine estera (o meglio "extra"), casualmente questo tamtam informativo si scatena proprio quando l'attuale governo di destra si prepara a varare un pacchetto di leggi repressive in materia di immigrazione. Ma le statistiche ci danno un'altra verità, guardiamo per esempio i dati relativi agli stupri: "ogni giorno in media sono sette le italiane che subiscono una violenza sessuale. Ciò significa che nelle ultime due settimane le vittime sono state105, per un totale di 2744 stupri l'anno. Stiamo parlando di casi denunciati alla polizia, perchè nel 92% delle volte le vittime non osano farsi vedere nei commissariati (dicono «per paura di essere giudicate male», «per vergogna», o per difendere chi le ha brutalizzate). Le vittime reali invece sono molte, molte di più: 520mila le italiane dai 14 ai 59 anni che hanno subito uno stupro o un tentato stupro nella loro vita.

Spulciando tra tabelle, grafici e percentuali si giunge ad una semplice conclusione: per una italiana venire violentata da un extracomunitario che non conosce - maghrebino, rumeno, nigeriano che sia - in un parco o in luogo pubblico è un'eventualità minima. Il perché è chiaro: venire assalite e violentate in un giardino pubblico accade solo nell'8,6% dei casi. Normalmente la violenza avviene a casa propria (31,2%), in automobile (25,4%) o a casa dell'aggressore (10%). Il motivo: il violentatore nella stragrande maggioranza dei casi è un uomo che la vittima conosce molto bene. E' il marito o convivente (20,2%), un amico (23,8%), il fidanzato (17,4%), un conoscente (12,3%). Solo il 3,5% dei violentatori non ha mai visto la donna che si accinge a stuprare." (fonte /Liberazione/). E questo è solo un esempio.

E' chiaro quindi quanto il problema sia ben più vasto, e che per risolverlo non basta fare del facile allarmismo e vendere qualche migliaio in più di bombolette spray al peperoncino. Le origini di questa forma di violenza sono ataviche, risiedono nel patrimonio culturale dell'era industriale, e sono proliferate nelle catechesi e nelle parrocchie; gli strumenti per contrastarla risiedono nella difesa del diritto all'autodeterminazione, nel rifiuto della costrizione al ruolo di "vittima" del patriarcato e dello Stato/Chiesa padrone.